BOCL N. 31 (A CACCIA DI NIDI DI CAVALLA)
Sabato, gennaio 20, 2007
OGGI POESIA
LO SCIMUNITO
Benché l’inverno
fosse finito
girava ancora
munito di sci
(Immagine da http://www.mtolympus.co.nz/Forms/old%20logo%20skier.psd.jpg)
—–
10 DICEMBRE 2005
L’INSEGNANTE DI SOSTEGNO
Vedete, bambini cari,
il vostro compagno è solo
un po’ dislessico,
disgrafico,
disfemico,
dislalico,
dislogico,
autistico,
epilettico,
enuretico,
oligofrenico,
pollachiurico,
schizofasico,
tachifemico,
anoressico
e anche
un po’ licantropo,
ma voi,
mi raccomando!,
fate finta
di niente.
(Lucio Angelini)
[La poesia fu così recensita da Piero Sorrentino il 30 novembre 2002 in it.cultura.libri:
> Lucangel” ha scritto > L’insegnate di sostegno
ROFTL ]
(Ma perché nessuno mi prende mai sul serio??????)
—-
Martedì, novembre 28, 2006
(Sergio Corazzini)
(Da “Desolazione del povero poeta sentimentale”)
Perché tu mi dici: poeta?
Io non sono un poeta.
Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio.
Perché tu mi dici: poeta?
—
LUCIO ANGELINI: DA FILASTROCCHE.IT
Da http://www.filastrocche.it/contempo/angelini/poesie_it.asp
La pelle
Sì
lì dove
finiamo noi
e comincia
il resto del mondo…
Il dramma ecologico
Il mare
era così sporco
che invece
della risacca
c’era
la ricacca
Buoni tutti
“Adesso”
disse la mamma,
“ti leggerò
una fiaba
in cui gli orchi
sono buoni,
le fate
sono buone,
le streghe
sono buone,
il protagonista
è buono,
l’antagonista
è buono… ”
Ma il bambino
sbadigliava
di già.
Horror
Datemi tanti viscidi
squamosi trucidi
verdastri orribili
(ma riconoscibili!
ma affrontabili!)
bavosi mostriciattoli
perché io possa
attribuire volti
e assestare colpi
ai fantasmi informi
che mi porto dentro
Il ragazzo animalato
Aveva il naso rincagnato
il sorriso equino
il labbro leporino
il collo taurino
due occhi di lince
altri di pernice
(alle dita dei piedi)
un vitino di vespa
l’elefantiasi alle gambe
uno stomaco di struzzo
una fame da lupo
e – non contento –
diceva un sacco di bestialità.
Il ragazzo ortofruttato
Aveva la testa a pera
il naso a patata
…
(continua tu)
Il ragazzo oggettato
Aveva le orecchie a sportello
le spalle a imbuto
…
(continua tu)
Il lupo pignolo
Il lupo pignolo
perde il pelo
ma non il vizio
di cercarlo
nell’uovo.
Mi sono specchiato
Bene
le orecchie.
Il bravo e il cattivo ragazzo
Il primo era
un ragazzo posato:
aveva i piedi per terra
la testa sul collo
(senza traccia di grilli)
il sorriso sulle labbra
lo sguardo franco.
Eppoi era
tutto d’un pezzo.
Diceva pane al pane
e vino al vino.
Sapeva il fatto suo
e soprattutto
sapeva stare
al suo posto.
Il secondo era
un ragazzo sospeso.
Aveva i piedi per aria
la testa sotto il collo
(invasa dai grilli)
il sorriso sul naso
lo sguardo giuseppe.
Era diviso in più pezzi.
Diceva pane al cane
e vino al pino.
Sapeva il fatto altrui
e soprattutto
fregava continuamente
il posto agli altri.
Scherzi di natura
C’era una volta
un brutto cigno.
Poveretto,
aveva il collo
taurino!
Un giorno
incontrò un toro
assai ridicolo:
poveretto,
aveva un collo
da cigno!
Il cigno
lo guardò
con aria arcigna,
poi prese il toro
per le corna
e disse:
“Madre Natura
si è divertita
alle nostre spalle… ”
“Mi pare evidente”,
convenne il toro,
con aria scornata.
“Be'”,
disse il cigno.
“Non prendiamocela.
Non ne vale la pena.
In fondo
siamo solo
degli innocenti
scherzi di natura!”
Melena
Pare che
“malinconia”
venga
da “melena”:
emissione
di feci
nere
come la pece.
Io sono
tanto
triste
e faccio
la solita
cacca
marrone
La mamma è depressa
Guarda
in vestaglia
le vettovaglie
sulla tovaglia.
L’orso esibizionista
Si metteva
continuamente
a orso nudo.
Cattivo fin dall’inizio?
L’uomo
è cattivo
fin dall’inizio?
Per quel che
mi riguarda
potrei dire
senz’altro
di no.
Da piccolo
– anzi –
ero
talmente buono
da essere
scambiato
spesso
per un bambino
coglione.
Solo
Se sono solo
parlo tra me
Se siamo in due
tra me e me
Se siamo in tre
tra me e me e me…
La mucca positiva
“Inutile piangere
sul latte versato!”
sospirò la mucca
appena munta.
Una colomba
Una colomba
titubò
un bel po’
incerta
se tubare
o no.
Ragazzo con uovo
Un ragazzo
in canottiera
mangiava
un uovo
in camicia.
Lettera a un pulcino mai nato
La gallina
decise
di fondare
un movimento
per la vita:
le faceva
orrore
l’idea
che le strapazzassero
le uova
prima ancora
che ne fosse uscito
il pulcino.
Scrisse
anche un libro
sull’argomento:
Lettera
a un pulcino
mai nato,
ma fece
una gran fatica,
data la sua
scrittura
da gallina.
Sì, insomma,
dovette sudare
le classiche
sette uova
in camicia.
Ma il peggio
doveva ancora
arrivare.
Un giorno
venne agguantata
da una massaia
crudele
che le tirò
il collo,
la spennò,
la sventrò,
la farcì
e la infilò
in un forno,
ove,
insieme a lei,
inaridì per sempre
anche il sogno
di un movimento
per la vita.
Uno spazzino
Faccio
lo spazzino
nella città
di Raffaello
ovvero
il nett-Urbino.
Le sorelle Enne
C’erano una volta
due sorelle,
le sorelle Enne.
La più grande
era maggior Enne,
la più piccola
ancora
minor Enne.
Inutile dire
che erano figlie
di Enne Enne.
Il colore
dei loro capelli,
ovviamente,
non era naturale,
ma ottenuto
con l’Hennè.
(Lucio Angelini)
——————
lunedì, marzo 09, 2009
Breve scambio sulla poesia e sulla solitudine dei poeti con tale Diamante QUI .
Diamante:
«Riguardo la poesia, il discorso è serio e complesso… Il punto è: la poesia, in quanto forma espressiva estremamente cognitiva e distillata, rischia di essere uccisa dall’appiattimento causato dai media, dai varietà, da certe volgarizzazioni di massa conseguenza delle produzioni pseudo/artistiche attuali? … [cut]… credo che ciò che oggi manca sia una cultura in grado di vedere dove c’è vera poesia, il che significa per i poeti solitudine, angoscia, spaesamento, mancanza di un luogo di riconoscimento di sé, di condivisione, confronto, crescita, conforto o attacco. Il rimedio a tale frantumazione, a tale cieco e monadico vagare potrebbe essere la rete, la virtualità? Lo è già? O non lo sarà mai?»
Pur essendo l’autore delle sofferte
http://www.filastrocche.it/contempo/angelini/poesie_it.asp
ho commentato:
«Dici: “per i poeti solitudine, angoscia, spaesamento, mancanza di un luogo di riconoscimento di sé, di condivisione, confronto, crescita, conforto o attacco. Il rimedio a tale frantumazione, a tale cieco e monadico vagare… ”. Non ti pare di esagerare con le macerazioni, i tormenti e le estasi dei poeti d’oggidì? Molti di loro, per fortuna, hanno anche un LAVORO VERO°-*»
Diamante
«Mi riferisco alla solitudine artistica e di pensiero dei poeti, non alla loro vita quotidiana, che è tutt’altro paio di maniche. Uno può pure lavorare in un ufficio sovraffollato dove però non scambia parola con nessuno, o scambia parole inutili e formali, o anche parole gradevoli ma che non hanno a che vedere con la poesia; ma dove, in quanto poeta, troverà un luogo di confronto, dialogo, dibattito? Anche i grandi solitari della poesia si sono nutriti di ambienti, di humus favorevoli, cosa che oggi in Italia non mi sembra esistere.»
Io:
«@ Diamante. Be’, più soffrono, più producono. Difficilmente la gioia di vivere secerne poesia… »
—
[Approfondimento].
Sergio Corazzini, “Desolazione del povero poeta sentimentale”
Perché tu mi dici: poeta?
Io non sono un poeta.
Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio.
Perché tu mi dici: poeta?
Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.
Le mie gioie furono semplici,
semplici così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.
Oggi io penso a morire.
Io voglio morire, solamente, perché sono stanco;
solamente perché i grandi angioli
su le vetrate delle cattedrali
mi fanno tremare d’amore e di angoscia;
solamente perché, io sono, oramai,
rassegnato come uno specchio,
come un povero specchio melanconico.
Vedi che io non sono un poeta:
sono un fanciullo triste che ha voglia di morire.
Oh, non maravigliarti della mia tristezza!
E non domandarmi;
io non saprei dirti che parole così vane,
Dio mio, così vane,
che mi verrebbe di piangere come se fossi per morire.
Le mie lagrime avrebbero l’aria
di sgranare un rosario di tristezza
davanti alla mia anima sette volte dolente,
ma io non sarei un poeta;
sarei, semplicemente, un dolce e pensoso fanciullo
cui avvenisse di pregare, così, come canta e come dorme.
Io mi comunico del silenzio, cotidianamente, come di Gesù.
E i sacerdoti del silenzio sono i romori,
poi che senza di essi io non avrei cercato e trovato il Dio.
Questa notte ho dormito con le mani in croce.
Mi sembrò di essere un piccolo e dolce fanciullo
dimenticato da tutti gli umani,
povera tenera preda del primo venuto;
e desiderai di essere venduto,
di essere battuto
di essere costretto a digiunare
per potermi mettere a piangere tutto solo,
disperatamente triste,
in un angolo oscuro.
Io amo la vita semplice delle cose.
Quante passioni vidi sfogliarsi, a poco a poco,
per ogni cosa che se ne andava!
Ma tu non mi comprendi e sorridi.
E pensi che io sia malato.
Oh, io sono, veramente malato!
E muoio, un poco, ogni giorno.
Vedi: come le cose.
Non sono, dunque, un poeta:
io so che per esser detto: poeta, conviene
viver ben altra vita!
Io non so, Dio mio, che morire.
Amen.
——————
Venerdì, dicembre 01, 2006
Dopo il successo della raccoltina precedente (“Perché tu mi dici: poeta?”, del 28 novembre scorso: il salumaio e il fruttivendolo sotto casa non la finivano più di complimentarsi con me), vi lascio un’altra struggente poesia per il week-end.
IL MAIALE
Il maiale
è un animale
a forma
di grosso
salvadanaio,
ma senza
la fessura
sul dorso,
o se ce l’ha,
è comunque
ben dissimulata
sotto le sue
(per certi versi
antiestetiche)
setole.
Anche la gamba
del maiale,
vista dal basso,
è strana:
dapprima corta
e piuttosto esile,
si allarga
improvvisamente
in un vero e proprio
prosciutto.
A volte
il maiale
si incanta
ed è così
che fa il salame.
Se si smonta
un maiale,
infatti,
si scopre
che è pieno
di insaccati.
La parte
del maiale
preferita dai ladri
è il piede di porco.
I maiali sono anche
un po’ razzisti:
guai a parlare loro
di Negroni.
Il maiale
prende i suoi pasti
in uno strano recipiente
detto truogolo
e poi fa
una cosa strana:
grufola.
Insomma
gli piacciono
le parole sdrucciole.
Se un maiale
resta troppo al sole
gli viene un curioso
eritema commestibile:
il fungo porcino.
Il maiale
non è sempre
paziente,
a volte
gli girano
proprio i rognoni.
Alcuni dicono che,
quando dorme,
il maiale faccia
dei versacci,
in realtà
è sveglio.
Il maialetto
giovane
è un vero
nottambulo:
non andrebbe
mai-a-letto.
Ma se
nelle sue avventate
peregrinazioni
notturne
si caccia
imprudentemente
tra i rovi,
rischia di trasformarsi
in porco-spino.
Se un maiale
ha il vizio
del fumo,
tende a mettere su
pancetta affumicata.
Se a un maiale
si porta via
la coppa o
il capocollo,
ci resta
di strutto.
Il maiale,
di norma,
non si siede,
ma se lo fa,
preferisce
le comuni sedie
alle poltrone
a braciole.
Il porco,
nel complesso,
è un generoso,
ci dà tutto
di sé e,
last but
non least,
all’uomo serve
anche per fare
le imprecazioni.
Ma il maiale
detesta
sentire esclamare
“porco cane!”
perché preferirebbe
che non si mischiassero
cani e porci.
—-
5 dicembre 2006
DOPO IL MAIALE, L’ASINO..
E FU AMORE A PRIMA VISTA
Tratto dalle Metamorfosi, il famoso romanzo di Apuleio di Madaura (II sec. d. C.), questo libro narra le vicende di Lucio, un ragazzo troppo curioso, che, trasformato in asino per errore, alla fine riprende l’aspetto umano. Come nel romanzo di Apuleio, è il protagonista che racconta in prima persona la sua storia. Lo fa usando un linguaggio semplice, che ha l’immediatezza della lingua parlata, e che i ragazzi di oggi possono capire e seguire senza sforzo. Il racconto alterna momenti drammatici a momenti di comicità, momenti di azione incalzante a momenti di quiete, e offre sovente lo spunto per riflettere sul significato della vita. Inoltre il lettore, seguendo Lucio nel suo peregrinare, viene a contatto con luoghi, personaggi, situazioni che gli permettono di conoscere la vita nelle province dell’Impero romano durante l’età degli Antonini. [Da http://www.loescher.it/catalogo/index.jsp?dx=02&entry=950 ]
———————————-
IL SANGUE NON È ACQUA
Nel primo quarto del cammin di mia vita (più o meno l’età della foto qui sopra), mi ritrovai smarrito nella selva oscura della joke poetry. Ricordo che – quasi quotidianamente – dedicavo un vergognoso amount di energie alla composizone di jewels quali i seguenti:
IL SALAME ALLA CACCIATORA
Il salumiere
teneva moltissimo
a far assaggiare
il suo salame
alla cacciatora,
così decise
di telefonarle
per invitarla a cena.
Lo fece,
ovviamente,
con voce
affettata.
.
LA STIRATRICE
La stiratrice
picchiava il ferro
con cattiveria.
“Ma che fa?!!!”
si lagnò
la signora Rossi.
“È ammattita?”
La stiratrice
non si scompose.
“Oh bella!
Batto il ferro
finché è caldo…”
UNA PROBOSCIDE PICCOLA COSÌ
Quando ebbero finito
di segargli le zanne,
il povero elefantino
restò con un palmo
di naso.
Pazienza per le zanne,
ma un palmo di naso
era davvero
troppo ridicolo
come proboscide.
Lele Fante,
il suo compagno
di branco,
lo avrebbe preso
terribilmente in giro. .
Poi vennero altre e più crude stagioni, in cui la Musa si accanì ad insufflarmi veri e propri novels (“Dora Squarcialenzuola“, “Il lupo di maggio” ecccetera), ma abbastanza presto, per mia fortuna, trovai anche un lavoro serio, quello di insegnante:- )
—-
13 GIUGNO 2005
CRITICI E GALLINE
—————-
sabato, luglio 23, 2005
(Lucio Angelini, Portrait of the Artist as a Young Man)]
BLOG CHIUSO PER FERIE (si riapre dopo ferragosto)
Lunedì parto per le vacanze. Vi lascio un paio di vecchie poesie (Andrea Barbieri ne sarà felice) e una mia foto della seconda metà del secolo scorso. Statemi bene. Spero di ritrovarvi sani e salvi dopo ferragosto. Un bacione:-/
ESERCIZI SULLA LETTERA A
Dal fiore al frutto
l’Allegagione non cessava
Tanti terribili tiranni
non facevano più
dell’Allitterazione di sempre
E venivano in mente
altre parole
comincianti per A:
Alloctono, Allogeno
Alloglotto
e la più terribile
di tutte: Alopecìa…
mentre
gli speaker della rai
non lesinavano
gli Anacoluti
sul nodo
alqaedico
LA FINE DEL MONDO (ESERCIZI SULLA LETTERA Z)
Voleva uscire
Lo sconsigliai
il paesaggio
è desolato
spogliato
dai defolianti
Tu credi
che la nostra bella città
disegnata da architetti
e ingegneri gentili
piena di fiumi
canali
giardini
piante in filari
corti per bambini
sia sempre là?
Guarda che fuori – gli dissi –
non è più come prima
Il tordo alla finestra
non Zirla più
Il coniglio che Zigava
è morto
E la botte
ha perduto
per sempre
il suo Zipolo
Cioè, se non l’hai ancora
capito
siamo giunti alla lettera
Zeta
È la fine
del mondo
Il giorno
dell’ira
Vetrine garages
tassisti abusivi
friggitorie
tutto è andato distrutto
Solo melma e crateri
fumanti là fuori
ormai.
——————-
Mercoledì, gennaio 31, 2007
CAZZEGGI SUI GATTI
Dedico questi pensierini sui gatti, messi insieme anni fa da un insegnante semiserio (1) con il contributo dei suoi alunni più spiritosi, al gattaro Eugenio De Medio. Il tapino, al momento, vive nascosto nell’entroterra abruzzese in compagnia di sei gatti, ma dal 28 febbraio 2007, cioè da quando la casa editrice anfibia VIBRISSELIBRI metterà on line il suo toccante “NENIO“, dovrà dire addio alla sconosciutezza e diventare, suo malgrado, una lit-star…
I GATTI
– Ci sono diversi tipi di gatti: i soriani, i persiani, i siamesi eccetera. D’inverno, il più ricercato è il gatto delle nevi, che alcuni, anziché tra i felini, preferiscono classificare tra i cingolati.
– Se il gatto, da piccolo, è particolarmente attaccato a sua madre, viene detto “gatto mammone”.
– I gatti, di giorno, possono essere di tanti colori. Di notte, invece, diventano curiosamente tutti bigi.
– Se la carpa ci insegna a camminare carponi, il gatto ci insegna a camminare gattoni e soprattutto a sgattaiolare via senza dare nell’occhio quando la situazione comincia a farsi particolarmente tediosa.
– Il gatto, oltre ad avere sette vite, in taluni casi ha anche nove code.
– Il compagno di gioco preferito del gatto è il topo, con cui adora giocare, banalmente, “al gatto e al topo“. Quando, però, il gatto manca, i topi, piuttosto che stare lì ad aspettarlo senza far niente, ne approfittano per ballare.
– La lingua dei gatti non è difficile, composta com’è di una sola parola: “Miao”. Certi aristogatti, tuttavia, la pronunciano con snobistico birimiao.
– I gatti si sono distinti nei più diversi campi. Tra i capitani di ventura, il più famoso è il Gattamelata.
– Se un gatto impazzisce, diventa mentegatto.
– La religione prevalente tra i gatti è la gattolica.
– Molte gatte si storpiano in questo modo: tanto vanno al lardo che alla fine ci lasciano lo zampino.
– La gatta non fa le uova, ma è perfettamente capace di covare. Quando lo fa, c’è sempre qualcuno che se ne accorge. “Qui gatta ci cova!” è il commento di rito.
– Anche i gatti hanno le loro prigioni. La più tremenda è la gattabuia.
– I gatti, tra loro, non hanno difficoltà a fare micizia.
– In genere i gatti ci vedono benissimo, però non possono vedere i cani.
– A volte l’uomo, in un raptus di crudeltà, si ritrova a pelare qualche brutta gatta. C’è chi, addirittura, i gatti se li mangia. Un famoso piatto vicentino, per esempio, è il “Gato in tecia“. In Francia il gatto viene servito su uno speciale vassoio chiamato gateau (pr. gatò). Ma anche in molte pasticcerie nostrane è possibile assaggiare le deliziose “lingue di gatto”.
– A teatro quattro gatti sono considerati un pubblico risibile. Ma è sempre meglio di quando non c’è neanche un cane.
– I gatti più sfortunati sono i cosiddetti Sfigatti.
– La gatta, da morta, fa finta di niente e così viene detta gattamorta. Ma una volta defunti, i gatti si possono anche riciclare. Basta portarli dal ri-gattiere.
—
(1) Lucio Angelini
————
Giovedì, febbraio 01, 2007
TEMA: IL CANE
Visto il successo dei PENSIERINI sui gatti del post di ieri, non mi resta che alzare il tiro cimentandomi oggi in un vero e proprio TEMINO sul cane. Eccolo:
IL CANE
Il cane è considerato l’amico dell’uomo, ma l’uomo, spesso, lo tratta come un cane. Se il cane, esasperato, lo morde, non fa notizia. ‘Uomo morde cane’, invece, sì. Il cane rende le cose intense, così si hanno il freddo cane, il male cane e, nel caso più esteso, il mondo cane. Ai cani tira un poco la pelle: appena alzano una zampa, infatti, fuoriesce uno schizzo. Guai se un cane non è di razza, gli danno subito del bastardo! Ma nemmeno quelli col pedigree costituiscono una garanzia per i propri nati: per ben che vada loro, restano sempre dei figli d’un cane. Certi cani si fanno condizionare un sacco, come il cane di Pavlov. Quando il cane è contento, agita la coda, ma mai quella dell’occhio. Se poi è proprio su di giri, può scatenarsi in un autentico can-can. Il cane può essere più o meno sfortunato, ma se entra in chiesa, allora è proprio nera. I cani più noiosi sono i barbacani. I più ostinati quelli che si ac-caniscono a tutti i costi. Quando un cane si trascura e dorme dove capita, diventa un vero barbone. Anche i cani sono soggetti a decadenza: i più vecchi, per esempio, non sfuggono alla can-izie. A furia di stare con l’uomo, certi cani non si accontentano più di un semplice nome: vorrebbero anche un cagnome. “Can che abbaia non morde”, dice il proverbio, ma questo vale solo finché si è inseguiti: appena ci raggiunge, infatti, il cane può benissimo affondarci i canini in una natica. I cani hanno le loro banche, specializzate nel Fido-bancario. Molti raccomandano di non svegliare il can che dorme. Ma che senso avrebbe svegliare un cane già sveglio?Per quanto docile e paziente possa essere, il cane non accetta mai proprio tutto dal padrone. Quello di città, per esempio, non ne vuole sapere di farsi menare per l’aia. Particolarmente inane, poi, resta la pretesa umana di voler raddrizzare le zampe ai cani. So di un cane che era andato a fare meditazione in India. Voleva trovarsi un can-guru, ma poi gli consigliarono l’Australia. I cani non amano i discorsi fumosi. L’atteggiamento più corretto, con loro, è quello di dire cane al cane. In politica, parecchi cani non si iscrivono ad alcun partito, preferendo restare cani sciolti. Il personaggio storico che più detestano, ovviamente, è Castruccio Castracani. Ci sono tanti tipi di cane: il levriero, lo spaniel, il Chow-Chow, il cane da pagliaio (specializzato nella ricerca degli aghi). Un’interessante ibridazione è il porco-cane, evocatissimo nelle imprecazioni. Il più crudele di tutti, invece, è il Boia-can! Non sempre i cani sono socievoli: alcuni ti guardano orribilmente in cagnesco. E non tutti i cani sono umili. So di un bassotto tartaro che si era messo in testa di diventare Gran-Can. La morte non è mai bella, ma la peggior cosa è morire come un cane. Chi, però, non vuole defungere tutto solo, può anche optare per una morte di gruppo e morire come le mosche:-/
——-
Venerdì, febbraio 02, 2007
A CACCIA DI NIDI DI CAVALLA
Vabbè, mi avete convinto. Non c’è due senza tre. Dopo i pensierini sui gatti, il temino sul cane, vada per il “saggio breve” sul CAVALLO…
IL CAVALLO
Il cavallo ha dei capelli particolari impiantati sul suo crinale detti – appunto – “crini”, che in genere vengono lasciati liberi di fluttuare al vento. Quelli che ha sul sedere, invece, vengono raccolti in una sobria coda di cavallo. Penne non ne ha, ma se proprio gli fanno girare le scatole, riesce a impennarsi lo stesso.
Il cavallo può essere allegro (in tal caso esibisce il caratteristico sorriso equino) o ombroso (e allora fa dei capricci speciali detti bizze, che lo rendono, appunto, bizzoso o bizzarro). Quando un cavallo si imbizzarrisce conviene dargli una bella strigliata, ma se poi perde l’auto-stima è bene portarlo da un veterinario che sia anche un po’ psicologo, in modo che ne possa capire appieno le frustazioni.
Il cavallo può essere febbricitante o senza febbre. La febbre da cavallo è notoriamente alta e si cura con dosi massicce (dette, senza troppa fantasia, “da cavallo”) di un medicinale a base di un’erba che viene fatta crescere appositamente per farlo campare (Cfr. “Campa cavallo che l’erba cresce”).
Se a un cavallo si asporta tutta la parte superiore (per intenderci, dalle caviglie in su), ne resta soltanto lo zoccolo duro.
Per imparare a portare l’uomo, i cavalli devono prima seguire un regolare corso di equitazione. Non tutti gli uomini che frequentano il maneggio, tuttavia, ci prendono la mano. Alcuni ci prendono delle tremende zoccolate. Il sogno inconfessato e inconfessabile di ogni cavallo è quello di poter un giorno andare a uomo. I più boriosi vorrebbero addirittura farsi scolpire una statua omestre. Ai puledrini, invece, piacerebbe tanto giocare con un omino a dondolo, magari di legno.
Un tempo i cavalli erano tanti e creavano occupazione. Davano lavoro a stallieri, palafrenieri, maniscalchi eccetera. Oggi i pochi cavalli rimasti si sono dati quasi tutti all’ippica. Una delle rare eccezioni è costituita dai pony express, attivi nel settore privato delle poste.
I migliori bagni termali per cavalli sono sicuramente quelli di Bagnacavallo, ma se, dopo un bagno, il cavallo resta troppo a lungo al sole, rischia di trasformarsi in cavallo-vapore.
Molti cavalli, a causa dei loro pregiudizi, sono accusati di avere i paraocchi.
I cavalli, purtroppo, non sono molto puliti: tendono a trasformare le camere loro assegnate in autentiche stalle. Furbamente Pegaso, il cavallo alato della mitologia, passò dalle stalle alle stelle.
Da giovane, il cavallo non disdegna di correre la cavallina, poi smette di fare lo scavezzacollo e accetta tranquillamente di farsi mettere la cavezza al collo.
Il cavallo è piuttosto vegetariano: apprezza il fieno, l’avena e la biada. Dei vari tipi di biada, la più amata è senz’altro la biadina romagnola. Alcuni cavalli non disdegnano nemmeno la pastasciutta, purché del tipo paglia e fieno. Tra i formaggi, invece, stravedono per il caciocavallo.
Se un cavallo deve mettersi a dieta, è meglio che il padrone non lo guardi: il suo occhio tende a ingrassarlo.
In tempo di guerra, gli uomini di spettacolo sono tenuti a consegnare i propri cavalli di battaglia, ma il cavallo più usato nelle operazioni belliche è comunque il cavallo di Frisia, riconoscibile dal classico avvolgimento di filo spinato.
Le cavalle adorano il mare in tempesta, per via di tutti quei bei cavalloni. Non sanno che, alla lunga, l’acqua marina li restringerà alle dimensioni di ippocampi, miseri cavallucci dal corpo arricciato e senza gambe. Certe cavalle amanti della pittura preferiscono i cavalletti ai cavalloni. Altre ancora vanno pazze per i cavalli più palestrati e muscolosi, come Sylvester Stallone.
Inutile portare un caval donato dal dentista: si rifiuterà di guardarlo in bocca. Al giorno d’oggi, peraltro, è raro che i cavalli vengano regalati: con quello che costano, la maggior parte delle persone tende a cavarsela con un semplice mazzo di fiori.
Gli inglesi, balzani come sono, chiamano il cavallo horse, la cavalla mare e la scimmia ape!
Molti, oggi, diventano cavalieri senza aver mai cavalcato un solo cavallo, per esempio i cavalieri del lavoro. Alcuni politici, in compenso, non esitano a cavalcare la protesta o il malcontento popolare.
Due cavalli posti alla stessa distanza da uno stesso punto si dicono equi-distanti da esso. Se hanno la stessa superficie equi-valenti. Sposandosi, danno luogo agli equinozi.
Al tempo delle diligenze, certe dame svenevoli e incapaci di sopportare i sobbalzi erano definite “mozzarelle in carrozza”.
Il cavallo si svaluta rapidamente. A briscola, per esempio, finché si gioca vale nove, ma a partita finita è già in saldo a tre punti. A scopa, in compenso, il cavallo di denari vale anche per la crimiera.
Se gioca a tombola, il cavallo, in genere, non ha difficoltà a fare ambio o quadriglia.
Il cavallo degli scacchi, per fare l’originale, si muove a elle.
Anche nell’antichità si compivano spericolate manipolazioni biologiche. Dopo aver segato un uomo all’altezza della vita, per esempio, se ne innestava la parte superiore su un cavallo preventivamente amputato della testa. Se l’innesto riusciva, si aveva il centauro, che passava automaticamente alla mitologia. Che cosa si facesse delle due parti avanzate non si sa. Non si ha notizia dell’esperimento contrario (busto di cavallo su parti basse di uomo).
Il cinema si è occupato con frequenza di cavalli. Tra i cult-movie più importanti: “Un uomo chiamato cavallo”, “Non si uccidono così anche i cavalli” e il leggendario “La fuga del cavallo morto” (quest’ultimo piuttosto lento nell’azione).
Certi cavalli sono affetti da nanismo, come i pony. Certe cavalle da gigantismo: le cavallone. Ma il vero flagello sono le cavallette.
Se una cavalla va con troppi cavalli, viene chiamata senza tante cerimonie gualdrappa.
Le cavalle più pignole preferiscono i cavilli ai cavalli.
Se un cavallo ha il pallino della chimica è facile che emetta degli improvvisi composti salini dell’acido nitroso: i famosi nitriti.
—
[N.B. L’intera raccoltina di Lucio Angelini sugli animali è protetta da copy-left:-) ]
—
Giovedì, marzo 15, 2007
PECCATO CARNALE. SPACCATURE ALL’INTERNO DI VIBRISSELIBRI.NET
(Nella foto, al centro: Tonino Pintacuda)
Tra i Cinquanta Magnifici di www.vibrisselibri.net, capitanati da Giulio Mozzi, non c’è poi tutta quella coesione che si supporrebbe dall’esterno. Vi riporto, per esempio, in tutta segretezza (acqua in bocca, mi raccomando!), un recente scontro avvenuto nel nostro Wiki tra l’efferato Tonino Pintacuda (diwww.bombasicilia.it ), attualmente a Montevideo per il giornale “Gente d’Italia”, e la soave Pamela Canali, del nostro Comitato di Lettura. Tutto è iniziato quando, il 12 marzo, Tonino ci ha inviato la foto sopra riprodotta allegata a una mail che aveva per oggetto “Peccato carnale”:
«Sono un carnivoro. Lo ammetto, adoro la carne. Mi piace tutta: bianca, rossa, a pois, cotta e cruda. Mi piace succulenta e sanguinolenta, rosolata, brasata, condita e speziata, scottata, saltata, steccata e lardellata, panata, marinata e pure bruciata. Mi fermo di fronte alle vetrine dei macellai come fossero gioiellieri (l’analogia del resto non si ferma qui): immagino come servirei quel bel filettone rosso rubino, appena scottato sulla piastra; e quei fegatini!, da far sciogliere in bocca con un dito di cognac, due foglie d’alloro e qualche bacca di ginepro; mi commuovo per la fiorentina, che se non tornerà più in A, tornerà comunque nel mio piatto. Volo con la fantasia al ricordo di quella chianina accanto ad un uomo, vista in foto anni fa: una mucca enorme, gigantesca – l’uomo le arrivava ai garretti – uno smisurato trionfo di ciccia ambulante, un dono del cielo per noi carnivori. Sant’Anselmo deve averla sicuramente considerata fra le prove dell’esistenza di Dio. Poi mi scuoto e torno al presente; riprendo i sensi e vedo il macellaio che mi fissa perplesso mentre appanno la vetrina con l’alito. Un filo di bava traballa pericolosamente dall’angolo delle labbra. Imbarazzante. Ma non ci posso fare niente, mangerei tutto ciò che cammina. Mentre faccio zapping, mi arresto su un documentario del National Geographic. Il solito ghepardo visto mille volte insegue la solita gazzella vista mille volte (credo che in realtà i documentaristi usino sempre lo stesso filmato). Lo scatto, due curve e poi i masseteri si rilasciano in una dilatazione misurata della mandibola (sì, pure quelli del ghepardo). Un bel morso secco e – oplà – la gazzella è servita. Vorrei essere lì anch’io, penso. Poi rifletto che è meglio di no, perché per festeggiare mangerei pure il ghepardo. Verso mezzogiorno, comincio anche un po’ ad esagerare. I miei mi hanno proibito da tempo di vedere “Linea verde”. Anche “La prova del cuoco” è assolutamente off limits. In realtà evito pure le trasmissioni di medicina: una volta si parlava di valvole cardiache e mentre scorrevano le immagini mi sono sorpreso a pensare alle frattaglie e ai carciofi con la coratella. Beh, certo, mancano i carciofi. Insomma, addentare una bistecca è un po’ come addentare il gioioso valzer della vita. Siamo onnivori, mi si dice, ma credo che ciò sia vero solo per permetterci di finire il contorno. Dev’essere una di quelle meravigliose strategie della natura, finalizzata a mantenere in ordine l’intestino. I vegetariani dicono che mangiare carne rende aggressivi. Io quando mi lancio sui saltinbocca mi sento piuttosto tranquillo. Il vegano che ho di fronte invece ribadisce il concetto, guardandomi come fossi un perverito e digrignando i denti: “La carne fa mmaleeeeheheeee”. A che, non me lo dice, ma sembra piuttosto irritato dal mio pasto. Credo che i nervi stiano venendo a lui e dunque non posso che concludere che i vegetariani debbano avere uno strano problema con l’aggressività (non ho capito se la loro o quella degli altri). Io, dal canto mio, mangio anche il pesce. Certo, prima di finire nel mio piatto e di lì nello stomaco (attraverso un essenziale stazionamento a stretto contatto con le papille gustative), non camminava. Non respirava nemmeno, in senso stretto. Comunque, cribbio, si muoveva, dunque è commestibile. E io me lo mangio. Crudele? Bah, mi viene in mente quel cartone animato in cui il pescetto viene mangiato da un pesce uguale a lui ma un po’ più grande che viene mangiato da un pesce uguale a lui ma un po’ più grande che viene mangiato da un pesce uguale a lui ma un po’ più grande che viene mangiato da un pesce uguale a lui ma decisamente grosso. A quel punto penso che se così deve essere, meglio essere quest’ultimo. E se anche non lo fossi, beh, finché non mi mangiano almeno mi sazio io. Certo, essere mangiati non deve essere una grande esperienza – e se lo fosse poi non lo potresti raccontare, dunque non vale la pena comunque. Però non regge la teoria che non si debba mangiar carne perché l’animale soffre. Insomma, dimostratemi che una zucchina non soffre e forse possiamo discuterne. E poi suvvia, la cucina (della carne) è stato il primo atto culturale dell’uomo, prima ancora del meretricio (che quindi è il secondo mestiere più antico del mondo). Comunque tutto questo parlare mi ha messo fame, vado a cercare il gatto che si deve essere nascosto da qualche parte. micio micio micioooooooo…. [Gaston]»
Lucio Angelini:
Scusa, ma tu saresti quel bimbetto lì con le orecchie?:- )
Tonino:
Eh già Lucio, che t’aspettavi? Forse – come dice Maria – rimarranno solo le orecchie?
Pamela Canali:
Tonino crede di essere onnivoro, ma non lo è, lo testimoniano la sua dentatura e il suo apparato digerente. Ha un intestino troppo lungo perché possa mangiare carne di altri animali senza spiacevoli effetti collaterali. Egli è un frugivoro, si dovrebbe nutrire di frutta, altri vegetali, germogli, se vuole conservare la salute e vivere a lungo in buone condizioni fisiche. Gli consiglio di visitare qualche sito vegan, ad esempio
http://www.veganhome.it/index.php ; http://www.viverevegan.org/ ; http://www.scienzavegetariana.it/
Per la questione del pesce piccolo mangiato dal pesce grande, sono sicura che molti pesci riescano a morire di vecchiaia, nel loro letto di alghe. Quanto alle zucchine che soffrono, penso che la sofferenza degli animali non può lasciare indifferenti persone dotate di una sensibilità media. Gli animali che uccidiamo per nutrircene hanno la stessa percezione del dolore che abbiamo noi, soffrono esattamente come soffriamo noi, chiunque abbia un cane, un gatto o un criceto lo può testimoniare e hanno paura come noi. Nell’industria della carne gli animali vengono torturati e mutilati, sottoposti a molti tipi di crudeltà, finché la morte non li libera. Ho letto molte cose terribili, che non riesco a riferire e naturalmente al consumatore vengono nascoste. Sinceramente, la sofferenza della zucchina mi risulta meno coinvolgente. Inoltre la zucchina non è un esempio valido, se non sbaglio è un frutto della pianta, casomai potrebbe essere una pianta sradicata a soffrire (e morire). Forse anche le pietre soffrono, a modo loro e per questo sconsiglio vivamente di cibarsene.
Tonino:
Pameluzza, ho perso in totale 30 chili in due round mangiando vagoni di insalata e tutte le verdure della campagna di Maria, comprese le cucuzze. La carne è sempre la carne, allora non vi racconto del ristorante El italiano sull’Oceano, pesci mai visti, buonissimi per solo 250 pesos uruguayani (10 dollari!) Essere vegetariani in Uruguay è follia: leggerò per voi una milanesa, l’asado, il chivito al pan (che è la prova dell’esistenza di Dio) Hasta luego…
Pamela Canali:
Sono sicura che anche l’Uruguay è pieno di vegetariani e vegan. Si può appagare pienamente il gusto anche con cibi vegetali, anzi probabilmente di più, visto che i vegetali sono il nostro cibo naturale. Ti dirò che dopo un po’ di tempo di vegetarianesimo viene la repulsione per i cibi animali, anche quelli che ti piacevano molto. Non ho bisogno di pensare ai polli che muoiono d’infarto per la paura in grande percentuale sui camion prima di arrivare al macello o ai bufalini maschi appena nati che vengono lasciati morire d’inedia ai margini delle strade perché non servono a niente,all’agonia lunghissima dei pesci tirati fuori dall’acqua. Ma anch’io, non sono stata sempre vegan e penso che ognuno abbia i suoi percorsi, anche se l’idea del silenzioso olocausto, di sofferenze inflitte ad animali tra i più miti e indifesi mi getta in depressione. Scusami Tonino, se ho colto l’occasione per dire queste cose, anzi scusatemi tutti, ma penso che persone che scrivono debbano sapere, avere le informazioni, perché scrivere è anche una grande responsabilità. Un abbraccio a tutti. Pamela
Tonino:
Allora non dico nulla sulla milanesa che ha incantato anche Bush…
Lucio Angelini
Io però ho letto un articolo anche sulla sensibilità dei vegetali… sono d’accordo sul fatto di non infliggere sofferenze inutili agli animali (che peraltro si mangiano senza tanti complimenti anche tra di loro), ma mantenendo i piedi per terra…
Tonino:
lucio, anche i vegetali hanno tutto il mio rispetto. Ma davvero qui è un motivo meramente economico: la carne costa l’equivalente di un euro al chilo! Ed è “molto migliore assai” di ogni singola proteina animale ho mangiato nella mia vita… Anche se ordini un insalata dentro c’è qualcosa che prima camminava… L’unico attacco di dissenteria l’ho avuto quando ho mangiato un’insalata SENZA CARNE nel locale più caro di MVD: Don Peperone. LA vendetta della Mano Verde? Basta, che poi il cazzeggio tracima…
Marco Candida
Ah, ma che divertente!
Pamela a Lucio
Mai avuto i piedi per terra, non so se è un difetto o un pregio. Un paio di giorni fa mi sono presa un po’ di parolacce e qualche maledizione perché ho difeso un bambino piccolo che veniva schiaffeggiato dalla madre senza motivo, se mai c’è un motivo per picchiare i bambini. Tutti disapprovavano quella madre, ma nessuno interveniva, nessuno diceva una parola in difesa del bambino. Gli animali e i bambini mi stanno a cuore, le piante meno. Le piante sono il nostro cibo naturale e le mangio senza sentirmi troppo in colpa. Che ci sia una sofferenza nelle piante, non c’è ancora un’evidenza scientifica, ma io propendo a credere che ci sia. Per produrre un’unità di proteina carnea sono necessarie dieci unità di proteine vegetali, quindi la sofferenza inflitta al mondo vegetale è dieci volte minore, con un’alimentazione vegetariana. La sofferenza degli animali, dotati di un sistema nervoso simile al nostro, è invece provata ed è sotto i nostri occhi, se solo ci scomodiamo a guardare. La sofferenza e le torture degli animali esisteranno finché esisteranno le fabbriche della carne, dove si guarda solo al profitto. Io ci vado poco sui siti vegan, se non per le ricette di cucina, perché ogni volta scopro cose terribili. Non credo di essere più sensibile e “buona” degli altri, sono solo più informata. Le informazioni all’inizio mi sono arrivate per caso o per destino, poi me le sono andate a cercare, perché sono accuratamente nascoste dai media. Buona giornata a tutti.
Lucio a Pamela
> Un paio di giorni fa mi sono presa un po’ di parolacce e qualche maledizione perché ho difeso un bambino piccolo che veniva schiaffeggiato dalla madre senza motivo
Bene. Giusto. Ieri, invece, io avrei volentieri schiaffeggiato dei ragazzi che si divertivano a sputare dai finestrini dell’autobus sulle teste degli ignari ciclisti che passavano sotto.
> La sofferenza e le torture degli animali esisteranno finché esisteranno le fabbriche della carne
Certo. Però ogni volta che lavi le lenzuola o i pavimenti uccidi senza pietà migliaia di acari della polvere. Quelli fanno meno compassione perché sono più piccoli? Dunque sono le dimensioni a fare la differenza?:- )
Pamela
Caro Decone, la spinosa questione degli acari mi lascia piuttosto fredda. Sarà perché sono allergica e condivido questa allergia con la mia gatta che, camminando rasoterra, ha molti più problemi di me. Sarà anche perché l’unica causa che ho perso è stata quella contro il mio condominio, il cui avvocato si chiama Vincenzo Acaro. Io mi regolo così: butto tutto il buttabile sul terrazzo, metto in casa essenze che allontanino gli insetti e quindi anche i perniciosi acari, scuoto tutto sui balconi sottostanti, in modo che le case dei vicini più odiati si riempiano di nuovi ospiti. Solo dopo queste operazioni preliminari, mi accingo a pulire. Quindi gli acari non li uccido, ma provvedo a trovare loro nuovi alloggi. Eseguo un procedimento analogo per le lumache che infestano le mie piante: le indirizzo gentilmente, con dei sentieri di erbacce umide e crusca (sono ghiotte di crusca), verso balconi più meritevoli. Forse un giorno, se mi passerà
l’allergia, trasformerò la mia casa in un rifugio per i randagi, respinti da tuttii: acari, piattole, pidocchi, zecche, emulando B.B.. A parte scherzi, faccio il possibile, ma non l’impossibile. Oltre a gechi e pipistrelli, ho salvato mosche, ragni e altri insetti, ma preferisco non averli dentro casa. Non uso insetticidi, tra l’altro tossici anche per gli umani, ma essenze respingenti. Però il mio cuore è con altri animali, quelli che puoi guardare negli occhi.
—
13 marz0 2006
(Ada Tondolo)
UNA VERA FIABA PER ADULTI:- )
Tra i personaggi di maggior spicco della sezione veneziana di Trekking Italia e anche della Giovane Montagna c’è la signora Ada Tondolo, 83 anni, un passato di medaglie d’oro nell’atletica leggera, rarissima rocciatrice in tempi in cui solo poche elette potevano vantare la pratica della specialità e ancora oggi instancabile e stupefacente escursionista. Ieri, per esempio, è salita con noi a Forcella Lerosa, oltre Cortina (700 m. di dislivello senza batter ciglio) nella neve con le ciaspe. Durante il viaggio in macchina da Venezia ci ha raccontato questa delicata fiaba:
“Una vecchia stava tornando alla sua misera casupola con una fascina sulle spalle. A un certo punto le apparve una fata che le disse: ‘Tu sei sempre stata buona e onesta, hai lavorato tutta la vita e ancora lo fai. Meriti di essere premiata. Esprimi tre desideri e sarai esaudita.’
La vecchia ci pensò sopra qualche istante e rispose: ‘Vorrei passare gli ultimi anni della mia vita in una casa decente.’
‘Sarai accontentata’, le assicurò la fata. ‘E il secondo desiderio?’.
‘A che mi servirebbe una bella casa’, sospirò la vecchia, ‘se comunque restassi vecchia e malandata come sono? Vorrei tornare giovane.’
‘Bene’, le assicurò di nuovo la fata. ‘Sarai accontentata anche in questo. E il terzo desiderio?’.
La vecchia rifletté e aggiunse: ‘Attualmente vivo da sola con un gatto. Be’, se davvero dovessi ringiovanire e abitare in una bella casa… mi piacerebbe che il mio gatto diventasse un bel giovanotto.’
‘Sarai accontentata’, le assicurò la fata per la terza volta. E scomparve.
La vecchia riprese il cammino e, quando arrivò nel luogo della sua ex-casupola, vide che al posto di quella sorgeva adesso un magnifico palazzo. Entrò e subito il grande specchio dell’atrio le rimandò l’immagine di una bellissima giovane. Mentre si rallegrava incredula dei due doni ricevuti, vide avanzare verso di sé un aitante giovanotto che l’abbracciò, la baciò, si sedette e la prese sulle ginocchia. La fanciulla già fremeva estasiata alle sue carezze, quando, inaspettatamente, il giovane le confessò: ‘Adesso, purtroppo, dovrai pentirti di avermi fatto castrare quando ero un gatto.’:- )
————
Martedì, novembre 11, 2008
MARTA, MARTINO E LA TARASCA
Da piccolo mi rifiutavo di accettare gli auguri di buon onomastico il giorno di Santa Lucia. “Che c’entra Lucio con Lucia?”, protestavo. Nel giugno scorso una mia amica, di nome Antonietta, pretendeva gli auguri di buon onomastico il giorno di Sant’Antonio. “Che c’entra Antonietta con Antonio?”, mi sono schermito. Oggi è San Martino e – giacché la storia del suo mantello diviso col povero è ormai nota a tutti -, in omaggio alle quote rosa preferisco girarvi cavallerescamente la storia di… Santa Marta, anche se le Marte avrebbero un onomastico tutto loro il 29 luglio°-*.
Qualche sera fa, infatti, nella chiesa strepitosamente bella di San Nicolò dei Mendicoli, qui a Venezia, mi sono soffermato a contemplare la statua di una fanciulla che teneva al guinzaglio uno strano cagnazzo. Più in piccolo, un’altra scultura in legno la rappresentava con accanto un vero e proprio draghetto. Incuriosito, ho chiesto chiarimenti a Don Paolo. “Non è un cane”, mi ha spiegato il sacerdote, “ma la Tarasca!”. “Ah sì?”, ho ribattuto. “E che cos’è la Tarasca?”. Allora mi ha raccontato che, nell’anno 48 d.C., secondo un’antica tradizione provenzale, Santa Marta arrivò dalla Palestina su un battello senza vele né timone, insieme ai compagni Lazzaro, Maria Giacobbe, Maria Salomè, Massimo e Marcella. Dopo lunghi travagli in balia delle correnti, alla fine il battello si arenò sulla costa nei pressi di Avignone. Gli abitanti di Tarascona non si fecero scappare l’occasione di implorare Santa Marta affinché li liberasse dal mostro che li terrorizzava: appunto la “Tarasca”, che divorava uomini e bestie trascinandoli nella sua tana. Santa Marta si avvicinò al covo della Tarasca armata di una sola croce, e quando le ordinò nel nome di Gesù Cristo di andarle vicino senza fare del male a nessuno, il mostro obbedì.
Ecco un curioso link:
http://pages.videotron.com/chimere/contes/tarasque.html
«La Tarasque est un monstre dont l’aspect est décrit en détail dans “La légende dorée” de Jacques de Voragine. “Il y avait à cette époque […] un dragon moitié animal- moitié poisson, plus épais qu’un boeuf, plus long qu’un cheval avec des dents smblables à des épées et grosses comme des cornes, qui était armé de chaque côté de deux boucliers.” Dans l’iconographie chrétienne, la Tarasque est plutôt représentée comme un monstre à tête de lion dont le dos est couvert d’épines possédant six pattes avec des griffes et une queue de serpent.
Toujours d’après de Voragine:
“[Le monstre] était venu par mer de la Galatie d’Asie; [il] avait été engendré par Léviathan, serpent très féroce qui vit dans l’eau, et d’un animal nommé Onachum, qui naît dans la Galatie. La Tarasque répandait la terreur autour de Tarascon. Hantant le Rhône, la bête perturbait la navigation et se plaisait à faire chavirer les navires. Lors de ses incursions sur les rives du fleuve, au temps où la forêt était encore dense, elle dévorait moutons, enfants et bergers. C’est à Sainte-Marthe que revient l’honneur d’avoir dompté la Tarasque. L’Ordre des Chevaliers de la Tarasque, constitué en 1474 par le roi René, est à l’origine d’une procession au cours de laquelle on promène de par la ville, une effigie en carton de la Tarasque. Elle est portée par seize chevaliers de l’Ordre dont huit se trouvent dans le corps de la bête, prêtant vie au monstre et symbolisant les victimes qu’elle a avalées. Les autres chevaliers représentent les fondateurs de la ville..
La légende de la Tarasque – Antoine Rougier.
Insomma, dovesse capitarvi di arenarvi sulla costa provenzale, non mancate di fare una puntatina alla Collegiata Reale di Santa Marta a Tarascona. Vi sono conservate le reliquie della santa che riuscì ad ammansire non un semplice lupo di Gubbio, come il nostro più banale San Francesco, ma una vera e propria – e ben più spaventevole!- Tarasca*-°—
(Immagini da http://www.cartantica.it/content/fiorieanimali/santamarta.jpg ; http://www.cartantica.it/content/fiorieanimali/sanmartino.jpg ;http://pages.videotron.com/chimere/contes/tarasque.html )
15 settembre 2006
L’ALIENA
.
C’era una volta
un paese
di persone
tutte UGUALI:
avevano facce uguali
(viste da davanti),
profili uguali
(viste di lato),
mangiavano
lo stesso cibo,
bevevano la stessa
bevanda,
suonavano
la stessa musica,
ballavano
lo stesso ballo,
si ammalavano
della stessa malattia,
si raccontavano
la stessa barzelletta,
dicevano
la stessa parolaccia,
coltivavano
lo stesso fiore,
inseguivano
la stessa farfalla,
e, soprattutto,
accarezzavano
lo stesso sogno:
il sogno di qualcosa
di DIVERSO,
finalmente,
che spezzasse
la monotonia
di quella vita
sempre
UGUALE,
in cui nessuno
si distingueva
da nessuno
o faceva mai alcunché
di originale.
Un giorno,
in quel
triste paese,
arrivò
una strana farfalla
multicolore:
era viola
a pallini blu,
con screziature dorate,
striscioline
lilla
e iridescenze
color petrolio.
Di notte, poi,
si illuminava
tutta e, volando,
sembrava proprio
un lampioncino
acceso.
“E’ un mostro!”
gridarono tutti
lì per lì,
terribilmente
spaventati.
“Chissà da dove
è venuta!”
“Bisogna ucciderla!”
Ma poi capirono
che quella
temeraria
ALIENA
era venuta
direttamente
dai loro
SOGNI.
(Lucio Angelini)
P.S. AGGIORNAMENTO: mi è stato appena chiesto se “L’aliena” sia dedicata a Oriana Fallaci. Ehm… no, a dire il vero…
[iMMAGINE DA http://www2.globetrotter.net/astroccd/ftp/guij/nebuleuse/img/butterfly.jpg ]
Il Negroni per i maiali mi fa venire in mente quel bellissimo carosello che mai dimenticheremo, con il jingle: “Le stelle sono tante, milioni di miliioni, la stella di Negroni… vuol dire qualità!”
Poi, uno scimunito senza sci sarebbe come, che so, un carabiniere senza carabina, o un bersagliere senza bersaglio, o un geniere senza genio, o un alpino senza alpi, o una piscina senza piscia…
Pensavo di mettere il vostro logo sul nostro sito con il vostro link per dar modo ai nostri visitatori di conoscere il vostro blog. Cosa ne pensi?